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Brescia, il primo nato in Italia con tessuto ovarico crioconservato

Primo maschietto nato con tessuto ovarico crioconservato

 

di Monica Coviello
da VANITY FAIR

È un maschietto ed è venuto alla luce con parto spontaneo. La mamma, medico di 35 anni, aveva scoperto nel 2012 di avere un linfoma non Hodgkin al mediastino al terzo stadio: ha intrapreso subito il percorso di preservazione della fertilità.

È un maschietto, nato con parto naturale, e sta bene. Un bimbo venuto alla luce agli Spedali Civili di Brescia è il primo nato in Italia da una mamma, ex paziente oncologica, con tessuto ovarico crioconservato. Al mondo, finora, sono state registrate circa 130 nascite avvenute grazie a questa procedura.

La mamma del piccolo scoprì nel 2012 di avere un linfoma non Hodgkin al mediastino al terzo stadio. Si era sposata un anno prima e, come racconta nel libro Un giorno saprai (Carthusia Edizioni-Walce onlus), temeva di non poter più avere figli.

Aveva 29 anni. Ma gli specialisti del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, coordinati da Raffaella Fabbri, responsabile del laboratorio di crioconservazione di tessuto ovarico e colture cellulari, l’hanno incoraggiata a intraprendere subito il percorso di preservazione della fertilità.

Dopo avere completato le terapie contro il tumore e avere ottenuto il via libera dagli ematologi e dai radiologi di Brescia che l’avevano curata, nel 2017 la donna ha chiesto che le fosse reimpiantato il tessuto ovarico che era stato prelevato anni prima. Sono stati necessari due interventi prima che l’organo riprendesse a funzionare. Pochi giorni che la donna ha discusso la tesi per la sua laurea in Medicina, è avventa la fecondazione, in modo naturale. La gravidanza è andata avanti senza intoppi e il parto è stato spontaneo. Un risultato che incoraggia le donne che si ammalano di cancro in età fertile a non rinunciare al sogno della maternità, dopo la guarigione. Le probabilità di concludere con successo una gravidanza dopo il reimpianto di tessuto ovarico crioconservato arrivano al 40%.

La tecnica più utilizzata per la preservazione della fertilità dopo le terapie oncologiche è la crioconservazione degli ovociti. Ma in questo caso è stato necessario ricorrere al trapianto di tessuto ovarico perché per la paziente non sarebbe stato possibile sottoporsi a stimolazione ovarica. Succede nel caso di alcuni tumori, come quelli al seno, all’utero e alle ovaie, «alimentati» da estrogeni, o in caso non sia possibile posticipare l’inizio delle terapie, perché il cancro è aggressivo. Ma il trapianto di tessuto ovarico, quando è indicato, ha il vantaggio di permettere il ripristino della normale funzionalità ovarica.

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